Oggi tocca a me – Pino Campo

Scrivere? Ci sono tante ragioni per cui uno è spinto a scrivere.

E ci sono anche diversi argomenti di cui ci piace rendere partecipi ipotetici lettori. Sì, perché di questo si tratta. Quando ci si siede per battere sui tasti di una Olivetti o su di una tastiera digitale, cercando di trasferire emozioni, pensieri e fantasie in un testo scritto, si convive con l’eterna presenza di un ipotetico lettore che se ne sta lì, a far da giudice allo scorrere e al fluire delle frasi.

Se queste ultime diventeranno poi l’opera d’arte da noi sempre sognata, è un altro discorso.

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Questa è la sensazione che mi ha sempre accompagnato quando mi siedo e mi accingo a scrivere.

La mia passione per la scrittura nasce e si sviluppa assai presto, già dalle medie, traendo spunto dall’altra mia più grande passione, la lettura, che mi viene trasmessa dal professore di lettere, di nazionalità greca.
In quel periodo sono riuscito nell’impresa di divorare quasi tutti i classici per ragazzi, da Verne a Salgari, a Dickens, Scott, Twain, Stevenson, Defoe, Dumas e le avventure di Pierre Radisson.

Ho sempre desiderato imparare a scrivere come loro, pur nella consapevolezza che il linguaggio e gli scritti hanno bisogno di evolvere, di pregnarsi di modernità e creatività, ma senza scadere nella mediocre tendenza secondo il quale bisogna per forza strabiliare il lettore con frasi archetipate, sensazionalistiche o addirittura poco immediate.

Nel corso degli anni, specie durante gli studi superiori e per qualche tempo dopo, sono stato costretto a mettere la scrittura da parte per motivi lavorativi e familiari. Dopo varie vicissitudini personali ed economiche, che sono riuscito a risolvere grazie a una felice intuizione, la grande passione per la scrittura ritorna prepotentemente a istigarmi all’età di quarant’anni. A volte ho poco tempo per farlo, altre in cui non scrivo una sola riga per settimane, ma queste si alternano con periodi in cui tutto sembra facile e i tasti del computer diventano più docili.

Lo stimolo iniziale e l’istigazione alla scrittura arriva dalla lettura dei romanzi di Camilleri, che funziona un po' come una sfida con me stesso, gli storici di Valerio Massimo Manfredi e dal forte desiderio di trasmettere agli altri l’amore per la mia terra e per lo studio di tutto ciò che è relativo a essa.

[..Giro lo sguardo intorno al mio mondo. Lo sento mio, ne

faccio parte, è tutto quel che conosco: i ricordi e la terra…

..guardo questa valle con occhi d’emozione…]

Così rimetto mano ai miei vecchi scarabocchi, ormai coperti di polvere.

Il mio primo romanzo, pubblicato nel 2010 dal titolo Il giardino di casa racconta la storia di Pitrinu, un ragazzo ispirato da forti motivazioni personali, in cui mi rivedo e in cui faccio confluire tutte le mie passioni e gran parte dei miei ricordi giovanili. A lui faccio vivere tutte le mie esperienze e le mie aspirazioni; a lui faccio praticare tutti i miei hobby giovanili: le moto, le discoteche e gli amori. Il mio ultimo romanzo, edito da Le Mezzelane, dal titolo All’ombra del fico ne è la naturale prosecuzione, dove gli stessi personaggi prendono nuova consapevolezza, ma con l’unica differenza che il primo è pregno di forme dialettali, mentre nel secondo scompaiono per far posto a un italiano adatto a tutti. Come scompaiono pure tante architetture barocche di uno stile che non reputo più mio. Con l’aiuto, infatti, della mia editor Maria Grazia Beltrami, e di una dura e umile autocritica, credo che sia venuta fuori una lettura leggera e gradevole adatta a tutte le età e a tutti i livelli di lettori.

Sarà stato un bene?

Io, ora, sono sicuro di sì.

Fra l’uno e l’altro ho pubblicato il mio secondo romanzo, Il tribuno pretoriano. Uno storico ambientato nel periodo imperiale romano, che ha la presunzione di voler colmare alcune lacune che ho trovato nella storia di Teodoro, soldato romano poi diventato martire per la fede e poi santo, che ha dato il nome al mio paese natale: San Teodoro.

Ma torniamo alla mia ultima fatica, All’ombra del fico.

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Il lavoro è durato quasi cinque anni, durante il quale un rozzo manoscritto è stato trasformato in romanzo tramite tre diverse stesure e due riletture per la correzione di refusi e controllo ortografico. Infine, gli ultimi otto mesi, dedicati alle varie modifiche, ai tagli e agli aggiustamenti assai pertinenti che la mia editor ha ritenuto necessari perché il testo iniziale potesse migliorare nella forma e nella sostanza prima di affrontare la critica dei futuri lettori. Non ho idea di quanti abbiano voluto cimentarsi nell’ardua impresa di arrivare all’ultima pagina, ma molti sono stati coloro che hanno espresso graditi apprezzamenti.

Altri, invece, ben gradite critiche costruttive.

Si può dire che la storia e la trama de “All’ombra del fico” siano nate contestualmente alla stesura de “Il giardino di casa”, inizialmente pensati come unica pubblicazione. A questo punto mi corre l’obbligo precisare che la storia non è ancora finita. Infatti, è già in cantiere la terza parte della storia, ma senza anticipare nulla per non privare i lettori del piacere di scoprirlo da soli.

Ritengo una gran fortuna che il mio scritto abbia incontrato Le Mezzelane. Credo che sia stata una gran fortuna che io, abbia incontrato questa nuova CE, ancora in fasce e senza un nome. Forse sono stato uno dei primi ad aver inviato il file di un manoscritto (secondo me era già bell’e pronto per la stampa, tanto da aver confezionato già anche il titolo) che ha subito, invece, un gran bagno in Arno e che, da quell’incontro, ne sia uscito rafforzato e ricco. Confesso che all’inizio è stato per me una grossa sofferenza il dover accettare i tagli, profondi, che il testo ha dovuto subire. Ognuno di questi era come una coltellata inferta a un figlio vero. Ricordo di aver sofferto tanto anche per le continue, reiterate osservazioni sulla sintassi e le critiche sull’uso della punteggiatura, che ho dovuto accettare, ma di aver imparato anche molto sul modo in cui si costruisce uno scritto.

Credo infine, che non sia stato io a scegliere di voler pubblicare con Le Mezzelane: ho inviato il file nella certezza dell’ennesimo rifiuto. La risposta positiva è stata davvero una grossa emozione. Certo, ne avevo ricevuto molte altre risposte positive che, però, dopo gli immancabili elogi, alla fine contenevano sempre un gentile invito a strane collaborazioni che mi avevano già indotto, per il secondo romanzo all’autopubblicazione.

Il mio motto: Non a tutti si può piacere, basta che qualcuno apprezzi.

Pino Campo