Oggi tocca a me: Carla Parolisi

Libri, chiacchiere e un caffè: direi che sono già in una situazione idilliaca. Tre cose che amo, così come amo scrivere. Quest’ultima è talmente radicata nel mio essere che non me lo spiego neanche io da dove venga fuori, credo sia nata con me perché, appena ho avuto gli strumenti, ho iniziato a tradurre in scritti tutti i miei pensieri, traboccanti da una fantasia spesso impetuosa e incontenibile. Non ne ho mai potuto fare a meno, insomma, dovevo scrivere e basta. Nessuno ha mai letto nulla, però. Ho sempre scritto per me e mi è sempre bastato così, fino ad oggi.

Non ho mai avuto coraggio di far leggere ciò che scrivevo, ma continuavo a pensare di volermi distaccare da quella storia scritta anni fa e chiusa in un cassetto. Ho scritto Come tele bianche, infatti, intorno ai venti anni ed ho pensato tante volte di cestinarla, perché quando scrivo e poi rileggo, sono la prima a criticarmi, però sono anche una sognatrice ostinata e non ho potuto fare a meno di dare ascolto a quel pensiero fisso nel corso degli anni: dare al mio manoscritto una possibilità. Certi sogni, nella vita, ti daranno sempre il tormento fin quando non li realizzi!
Il titolo è nato da sé, per un’immagine che ho dato nel libro. Dietro vi è una simbologia che mi ricorda Plasson, il pittore di Oceano Mare di cui narra Baricco, che «dipinge il mare con il mare» o il pittore russo Kazimir Malevic, fondatore del Suprematismo, autore di una tela particolare: un quadrato bianco su fondo bianco con un’impercettibile linea intorno ad un’area quadrangolare, leggermente ruotata, come a delimitare uno spazio della mente. Le tele di cui parlo io, però, alludono sì ad uno spazio mentale, ma in un modo diverso, e lo scoprirete nel corso della lettura.
Ricordo ancora il giorno in cui decisi di spedire il mio manoscritto a Le Mezzelane. Ho adorato questa Casa Editrice fin da subito, da quando vidi quell’immagine di braccia tatuate che tengono stretto a sé un libro, in un connubio perfetto di modernità e romanticismo, che mi fece letteralmente correre sul loro sito per saperne di più. “Dietro le parole ci sono le persone” - lessi – e pensai che non sarei potuta tornare più indietro. Curiosai tra storie e collane pubblicate e, inspiegabilmente, mi sentii nel posto giusto. Mandai il mio manoscritto immediatamente. Spedendo quella mail mi sentii liberata, perché se anche il mio libro fosse stato scartato, non avrei potuto dire di non aver fatto nulla per realizzare il mio sogno. Mi dicevo, contemporaneamente, che stavo farneticando a volerlo pubblicare, che nessuno avrebbe accettato e, subito dopo, che dovevo solo trovare qualcuno che fosse sulla mia stessa lunghezza d’onda da capire il mio modo di scrivere e quello che avevo rovesciato in quelle pagine. Così è stato: la Casa Editrice che volevo, quella che a sensazione sentivo “mia”, ha accolto la mia storia. Insomma, il mio sogno è passato dal cassetto alla libreria!