Gli Editor! Croce e delizia di ogni scrittore.

Ricevere feedback e accettare le critiche e le modifiche non è facile. A nessuno piace sentirsi dire che quello che abbiamo scritto è brutto o da tagliare o non hai rispettato le regole della sintassi, soprattutto quando la cosa a essere criticata è qualcosa in cui abbiamo riversato il nostro cuore e l'anima stessa.

Leggevo, qualche giorno fa, su Facebook un post di una blogger:

“Io scrivo con il cuore. Ottimo! Ma pure scrivere con un dizionario e un vocabolario sotto braccio (da consultare, aggiungo io) non ti farebbe danno. ” (Cit. Alessandra Micheli)

Se poi vi affidate a un editor (sottolineo e sottoscrivo) la vostra storia non avrà che da ringraziarvi.

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Ecco! Se non volete che qualche lettore faccia marcia indietro e non vi legga più provate a leggere la mia esperienza

C'è voluto poco per finire il mio primo libro, ero “crocefissa” in un letto d’ospedale e non potevo far altro che leggere e scrivere. Quando l’avevo finito, l'ho trattato come un membro della famiglia: un figlio appena nato praticamente. Lo tenevo nascosto, preservato, era solo per me. Poi ho preso coraggio e ho postato alcuni pezzi in un gruppo di scrittura. Mi ricordo di aver presentato la storia con orgoglio, in attesa di “Ooohhh” e “Aaahhh” e “Meraviglia”.

Invece, mi hanno fatto a brandelli. Affettata, tagliata in piccoli pezzi, sminuzzata la mia storia con critiche disumane. Nulla è stato lasciato intatto. Nessuna frase, nessuna scena, i personaggi triturati come per fare un hamburger.

Mi avevano spiazzata e non risposi a nessuno per la vergogna. Poi ho provato a difendere “mio figlio” e ho detto loro che avevano urtato la mia sensibilità e che i loro commenti erano fuori luogo. Dopo aver detto la mia non ho partecipato al gruppo per un paio di settimane, dicendomi che “i veri artisti non sono mai pienamente apprezzati fino a quando saranno morti.” (rido)

Naturalmente, prima che qualche membro del gruppo di scrittura ribattesse al mio commento, conoscevo la maggior parte dei difetti della mia storia. Sapevo che la trama scorreva a singhiozzo, molte delle scene erano poco costruite, e il protagonista principale era piatto, immobile, passivo. Lo sapevo.

Ma io continuavo a trattare la mia storia come una mamma fa con il proprio figlio. La difendevo a spada tratta e mi dicevo che quegli estranei avrebbero dovuto avere maggiore delicatezza.

Mentire a me stessa non era nelle mie corde, però.

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A quel punto della situazione, quando avevo capito che le critiche non erano su di me, ma sulla scrittura, ho fatto un passo indietro, ho esaminato ogni commento critico, immaginato la prospettiva del critico stesso e cercato di capire ciò che aveva visto nella mia storia. Mi sono resa conto di essere d’accordo con la stragrande maggioranza dei suoi “appunti”, ho capito come era stata percepito il mio racconto e ho cercato, pian piano, di modificare il mio stile, e la struttura dei periodi, per evitare di essere criticata (negativamente) ancora.

Quando riceviamo commenti critici sui nostri lavori di scrittura, dobbiamo essere grati. Il fatto che qualcuno ha avuto il tempo di leggere la nostra storia e ha condiviso la sua opinione è già molto. Ricevere feedback ci avvicina alla “riscrittura” e c’è sempre da imparare, anche da un commento bizzarro.

Non sto dicendo che è tassativo accettare ogni nota, sto solo dicendo che ogni commento dovrebbe essere apprezzato per quello che è: un commento, da leggere, rispettare e su cui riflettere.

Qualche tempo fa avevo scritto un breve pezzo thriller e qualcuno ha commentato dicendo: “Ho visto il finale prima di leggerlo”. Una nota che mi è stata utile per rivedere l’intera storia, perché in un thriller che si rispetti il finale deve essere eccezionale, una sorpresa, deve essere sconvolgente.

È vero anche che la storia è una parte di noi, che tendiamo a chiamare le nostre storie “i nostri bambini” e ci diciamo “siamo noi che diamo vita alla storia.” Penso che sia così perché il lavoro creativo è intimo. Quando scriviamo, esponiamo noi stessi sulla pagina.

Tuttavia, come scrittori, è necessario separarsi dal nostro lavoro, anche quando non riveliamo aspetti di ciò che siamo, ma raccontiamo storie estranee alla nostra esperienza personale.

Dobbiamo tenere bene in mente che quando la gente ci critica, non criticano noi come persona, ma la nostra scrittura.

Se non possiamo separare il nostro lavoro da noi stessi, quindi, non avremo l’opportunità di crescere.

Ogni scrittore ha bisogno di un Editor

Ricevere critiche può essere difficile da sopportare. Non è mai divertente sentirsi dire che quello che hai scritto lo hai scritto male. Allo stesso tempo, però, se vogliamo pubblicare il nostro miglior romanzo o racconto e non vogliamo farci criticare come è successo a me, dobbiamo mettere da parte il nostro attaccamento personale alla storia, farci aiutare da un Editor professionista (non fatevi ingannare dai siti che promettono mari e monti e occhio a chi millanta) ricevendo le modifiche con un atteggiamento di gratitudine. Imparando da loro, anche.

Xo Xo Rita Angelelli